“Giornata della Ristorazione per la cultura dell’ospitalità italiana” | Intervento del Presidente Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani
Sala del Tempio di Adriano – Roma 16 maggio 2024
Onorevoli Parlamentari della Repubblica Italiana
Cari dirigenti associativi, amici, ospiti e operatori del settore
Ringrazio la CCIAA di Roma che ci ospita e tutti i presenti, in particolar modo i Parlamentari e gli esponenti di Governo, che ci stanno accompagnando in questa nostra Giornata della Ristorazione, anche sostenendo l’iter parlamentare di un disegno di legge che ne prevede l’istituzione ufficiale, passaggioche avrebbe un grande valore simbolico e rappresenterebbe un riconoscimento importante alla credibilità e diffusione di questa nostra iniziativa, arrivata alla sua terza edizione.
Dopo il pomeriggio di ieri che ha visto la presentazione delle diverse iniziative promosse per la “Giornata della Ristorazione per la cultura dell’ospitalità italiana”, stamattina cercheremo di fare il punto generale su un settore sempre più importante per l’Italia, non solo per i valori economici che esprime in termini di fatturato, valore aggiunto, occupati o numero delle imprese, ma anche per gli altri valori -sociali, storici, culturali, identitari- che traducono al meglio il concetto di “senso dell’italianità” di cui la Ristorazione è una delle espressioni più riconosciute ed apprezzate.
La “Giornata della Ristorazione”, come dicevo, arrivata alla sua 3^ edizione, in questi tre anni è cresciuta nel significato e nei contenuti che esprime, ma anche nella partecipazione e nell’adesione dei tanti stakeholder che frequentano il settore, comprese le tante associazioni che popolano il variegato sistema della rappresentanza degli interessi che lo animano.
Inoltre -e forse soprattutto- questa Giornata di celebrazione è maturata negli obiettivi che intende perseguire per tutelare, promuovere e valorizzare un settore vitale per l’economia del Paese, ed in particolare di due sue filiere strategiche -Agroalimentare e Turismo-, senza dimenticare la sua dimensione pubblica, con il valore di interesse generale e bene collettivo che il settore esprime per il suo straordinario ruolo di coesione, di inclusione e di integrazione sociale.
A conferma di questo ampio ruolo sociale, quest’anno siamo entrati nelle Scuole Primarie, per provare a trasferire ai bambini l’importanza del cibo, che è cultura e che dovrebbe essere parte integrante dell’educazione che ciascun individuo riceve.
Il cibo infatti, da una parte, incorpora la memoria, le tradizioni, la cultura di un popolo, valorizzando la storia. Dall’altra parte, la conoscenza (e l’amore) del cibo permettono di apprendere quasi naturalmente i principi della sana e corretta alimentazione, necessari per contrastare la diffusione delle malattie cibo-alcol correlate e arginare il fenomeno eticamente inaccettabile dello spreco alimentare, che non è più sostenibile dal punto di vista ambientale ed è offensivo verso quella grande parte della popolazione mondiale che soffre ancora di fame, sete e malnutrizione, alimentando il “Paradosso dell’abbondanza” spesso condannato da Papa Francesco.
Sensibilizzare ed educare i bambini su questi argomenti, peraltro aggravati dalle drammatiche conseguenze della profonda crisi climatica, rientra tra i doveri di una categoria così vicina e frequentata ogni giorno da tanta gente e lo facciamo nella “Giornata della Ristorazione”, proprio per celebrare il forte ruolo sociale, culturale, educativo, oltre che imprenditoriale, che l’intero comparto orgogliosamente esprime.
Questa esperienza con le classi elementari è stata intensa e autenticamente arricchente dal lato associativo, oltre che essere stata molto apprezzata nelle scuole.
Per questo sarebbe importante continuare il ragionamento in corso con il Ministero dell’Istruzione sull’inserimento nei programmi scolastici della Educazione Alimentare, da farsi anche attraverso i momenti di approfondimento promossi nel corso delle prossime Giornate della Ristorazione, coinvolgendo i bambini nelle pratiche di preparazione e offrendo spunti educativi sui temi della stagionalità, territorialità, genuinità, spreco o di conoscenza della materia prima.
Anche l’”Antologia della Ristorazione italiana” promossa da FIPE va esattamente in questa direzione, perché favorisce una rinnovata presa di coscienza e una profonda consapevolezza sui valori identitari della Ristorazione italiana, con l’aggiuntiva ambizione che possa diventare un utile strumento di studio per gli studenti degli Istituti tecnico-professionali.
Questo impegno verso le nuove generazioni dimostra anche l’atteggiamento di FIPE-Confcommercio, che ha il merito di aver saputo evolvere il suo ruolo, integrando alla sua storica vocazione sindacale, un nuovo forte profilo culturale, che la porta ad essere sempre più attenta al contesto sociale in cui opera.
Siamo infatti perfettamente consapevoli che il nostro ruolo nasce e si esprime nella rappresentanza d’impresa, che nel nostro settore significa dare voce ad un settore fondamentale che conta 330 imprese, 1,5 milioni di occupati e una responsabilità diretta sulle filiere agroalimentari e del turismo.
Ma rimaniamo altrettanto convinti che la nostra azione non debba esaurirsi nella sola vocazione sindacale, ma debba, invece, evolversi verso un diverso forte profilo, anche culturale, rispetto al contesto sociale di riferimento.
Nuove sensibilità e responsabilità necessarie per intercettare e anticipare bisogni e nuove tendenze, filtrare e smistare aspettative, indirizzare verso comportamenti sempre più virtuosi e responsabili, promuovere, valorizzare e raccontare la storia viva e pulsante, spesso faticosa, sempre appassionata, dei Pubblici Esercizi italiani, parlando e traducendo il linguaggio dei tempi, ricercando anche una maggiore dignità civile, istituzionale e sociale, per un comparto specchio della società.
Per fare meglio tutto questo, ci siamo prima dotati della “Carta dei Valori della Ristorazione Italiana”, un documento identitario utile a dare ancora più senso e valore al lavoro quotidiano delle nostre imprese, e poi istituito la “Giornata della Ristorazione” proprio per creare un momento celebrativo e un giusto riconoscimento del nostro -strategico- settore.
Lo facciamo come corpo intermedio con una responsabilità in più, consapevoli che il mondo sta vivendo una fase di estrema fragilità, nella quale l’Italia sta avendo, a mio avviso, un ruolo molto più grande ed importante dello stretto stivale con cui la identifichiamo sulla cartina, fondato e cresciuto nel tempo sulle qualità che il Paese ha saputo esprimere in ogni campo, anche nella ristorazione e nel sistema dell’accoglienza.
Di questi risultati, e di altri, dovremmo essere orgogliosi, mentre invece il Paese soffre purtroppo da tempo di una negatività diffusa, che avvelena, alimenta pessimismo, impigrisce e frena ambizioni, portando a sottovalutare le nostre grandi capacità e potenzialità in ogni campo, con la conseguenza poi di alimentare il flusso emigratorio di oltre 700 mila giovani che hanno lasciato l’Italia perché evidentemente non vedono futuro.
Per invertire questa pericolosa tendenza si deve ritornare a credere e a voler bene all’Italia, come ha voluto appassionatamente invitarci il Prof. Massimo Bray, già Ministro della Cultura e del Turismo e attuale Direttore della Treccani, intervenendo alla recente celebrazione per gli 80 anni di Confcommercio, offrendo alle prossime generazioni il piacere di vivere, le opportunità di lavorare e gli ideali per credere nella grandezza dell’Italia, evitando di contrapporci su ogni dettaglio, perdendo così la visione complessiva ed unitaria del nostro futuro.
L’Italia occupa solo lo 0,53% della superficie mondiale, ma ha il 60% delle bellezze culturali del mondo, con 4.492 siti museali. Per stare in campo enogastronomico abbiamo eccellenze uniche al mondo: 1.100 vitigni riconosciuti, 538 cultivar di olive, l’aceto balsamico, formaggi e salumi straordinari, il tartufo, lo zafferano, primizie di ogni tipo e ora riusciamo addirittura ad esportare il caviale.
In aggiunta abbiamo la lingua più bella e ricca del mondo, artigiani ancora capaci di battere l’oro a caldo, di produrre tessuti con i quali la moda italiana ha conquistato mercati, una Ristorazione ammirata, amata e copiata in tutto il mondo e in generale un “arsenale socio-culturale” senza paragoni che testimonia la grandezza dell’Italia, che non sempre noi italiani riconosciamo.
Per questo, è oggi più importante che mai evolvere da un concetto puramente commerciale di “Made in Italy” in quello più generativo di “Sense of Italy”, incorporando così la storia, le emozioni, le intelligenze che hanno alimentato la nostra cultura anche d’impresa, portando e creando benessere, bellezza, qualità diffusa.
“Il mondo ha fame di italiano” titolava un vecchio articolo pubblicato sull’inserto “Il Bello dell’Italia” del Corriere della Sera, appetito che si riferiva non tanto alla musicalità della nostra lingua o alla nostra millenaria cultura, quanto piuttosto alla nostra storia enogastronomica, che si riflette anche in una rete di ristorazione italiana all’estero, che ha un determinante ruolo commerciale, ma anche una precisa funzione nel rafforzare la narrativa e l’immaginario sul nostro Paese.
La cucina italiana, con la sua straordinaria ricchezza, qualità, popolarità, varietà e storicità, è anche tra i temi che più ha trovato spazio e successo editoriale in questi ultimi anni, proprio perché è uno dei grandi patrimoni culturali del nostro Paese e la diffusione della nostra “Antologia” ne rafforzerà l’offerta.
Quando si scrive di “cucina italiana” si deve però leggere di una filiera economica complessa, che parte dall’agricoltura, passa per l’industria alimentare, arriva alla logistica, alla distribuzione, con tante altre attività di supporto ad esse connesse.
Dobbiamo recuperare questo formidabile avviamento e continuamente alimentarlo con una visione illuminata, per potenziare il contributo che la cucina italiana può dare per la crescita economica e sociale del Paese, dall’attrattività turistica alla crescita imprenditoriale di giovani, donne e stranieri, dal product placement attraverso la ristorazione dell’Italia agroalimentare (dazi permettendo) e la valorizzazione delle identità profonde del Paese.
Anzi, la Ristorazione è proprio lo strumento per comprendere le dinamiche economico-commerciali e le trasformazioni sociali che hanno attraversato l’Italia nel tempo: dalla cucina povera delle tradizioni contadine, che si è evoluta, adattata, modernizzata anche nei piatti ricchi e complessi della grande ristorazione, passando attraverso le difficoltà e le opportunità del boom economico degli anni sessanta e settanta, fino ai nostri giorni, con le sfide legate all’internazionalizzazione, alla globalizzazione e contaminazione di gusti, all’evoluzione delle tecnologie, alla digitalizzazione e alla crescente attenzione per la sostenibilità e le questioni ambientali.
La Giornata deve servire a questo, a raccontare cioè i valori della Ristorazione italiana e in generale della cucina italiana e del modo in cui la cucina si fa comunità, società e infine economia del Paese.
Con questo auspicio, rinnovo apprezzamenti e ringraziamenti a tutti coloro che hanno contribuito e favorito la “Giornata della Ristorazione”, che speriamo possa trovare ufficiale istituzione all’interno del calendario italiano come prevede il disegno di legge in discussione in Parlamento di cui accennavo all’inizio.
D’altra parte, questa stessa Giornata è pienamente coerente con il progetto governativo di candidatura della cucina italiana al riconoscimento “Unesco – Patrimonio dell’Umanità”.
Certamente, la Ristorazione italiana non ha bisogno di onorificenze che confermino il suo valore e i suoi valori, ma questi riconoscimenti simbolici sono straordinari per amplificare la portata in cui questo valore e questi valori vengono condivisi, mettendoli a disposizione del futuro.
Grazie.