Mixer nov. 22 – Economia di guerra, comportamenti di pace

9 Novembre 2022

Archiviata un’estate di belle soddisfazioni per il Turismo italiano, con risultati decisamente superiori alle più rosee previsioni, sul mondo sembra ritornata l’opprimente e minacciosa ombra ereditata dalla pandemia. Dalla guerra con minaccia nucleare ai costi dell’energia letteralmente fuori controllo, fino al pericoloso ritorno (stabile e pesante) dell’inflazione: i problemi sono oggi di tale complessità che richiederebbero una  politica più attrezzata che mai per gestirli, in termini di competenze, capacità di governo e visione di lungo periodo.

Il Governo uscito dalle elezioni andrà attivato e talvolta pressato sulle tante cose da fare – e la rappresentanza sindacale ha proprio anche questa funzione –, ma andrà anche aiutato per superare le gigantesche difficoltà che si hanno davanti, recuperando, ciascuna per la sua parte, i migliori valori civili e tutta la responsabilità etico-sociale che il proprio impegno comporta.

Tutti concordano sul fatto che il PIL lo costruiscono le imprese, sempre capaci di andare oltre ogni difficoltà e, al riguardo, basta guardare al nostro settore e alla capacità di reazione dei Pubblici Esercizi italiani, piegati dai drammi e dai danni del Covid e, nonostante tutto, ripartiti con grande slancio, nuovi entusiasmi, rinnovate motivazioni e rafforzata (dal bisogno) voglia di fare.

Dietro questa eccezionale reazione ci sono certamente interessi e necessità economiche, ma anche la capacità di recupero dei valori del lavoro degli imprenditori, che hanno gettato il cuore e la testa oltre l’ostacolo, rigenerando energie, motivazioni, responsabilità, ambizioni e dignità.

Persone, cioè, che non si chiedono solo il perché delle cose, ma anche per chi servono, trasferendo nel loro quotidiano impegno i valori e il valore aggiunto dei loro sacrifici, condividendone i risultati con la loro famiglia, i loro collaboratori, le loro comunità.

È una riflessione che può apparire astratta, vista la gravità del contesto, ma è anche il richiamo alle capacità di adattamento e di sacrificio di chi fa impresa, obbligato a contrastare il crinale di sfiducia con la costante ricerca di una luce anche nelle tenebre e, per questo, costretto a credere nel lavoro per superare ogni ostacolo, con l’ottimismo della volontà rigeneratore di speranze e anche energie.

Non bastano, però, i buoni esempi per contagiare positivamente il contesto, se gli imprenditori rimangono solitari eroi della loro quotidianità e la politica, che si occupa di unire i fili della ‘cosa pubblica’ e della visione generale, non abbraccia un approccio lontano dai rancori, dalle scelte ideologiche e dalle posizioni opportunistiche.

Per questa economia di guerra, servono coesione, obiettivi di bene comune, scale di valori e forza di volontà. Se i provvedimenti emergenziali (soprattutto quelli in grado di tamponare gli insostenibili costi dell’energia) e le misure strutturali sono una necessità, i buoni comportamenti, la capacità di visione, la credibilità e autorevolezza istituzionale da parte della politica renderebbero sicuramente meno pesante il supplemento di sacrificio che verrà richiesto e che ricadrà inevitabilmente sulle prossime generazioni, alle quali abbiamo già ridotto il grado di libertà e di benessere. È quindi evidente che le bollette non si paghino con i valori morali, ma senza principi, senza idee, senza progetti e senza l’inquietudine del fare, difficilmente si può pensare di proiettare il sacrificio di oggi in un futuro che valga la pena di costruire.

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