Assemblea Annuale Fipe – Relazione del Presidente

27 Ottobre 2015

L’Assemblea 2015 ha alcune peculiarità che la rendono importante.
Innanzitutto il traguardo dei 70 anni dalla fondazione della Federazione, che non è traguardo da poco, viste le trasformazioni che hanno accompagnato il Paese nel dopoguerra, con il venir meno o il cambiamento di molti riferimenti, considerati parte integrante della vita economica, sociale e politica.

Il dibattito in corso sull’opportunità di superare ogni forma di concertazione e sulla funzione dei Corpi Intermedi rischia di indebolire il nostro Sistema, fondato sulla solidarietà, che pure ha saputo rigenerarsi nel tempo, adattandosi alle nuove esigenze di una società complessa.
Questa stessa società che, tuttavia, non sempre ha saputo interpretare correttamente l’importante ruolo sindacale di mediazione tra interessi, di tutela dei bisogni di aziende che danno lavoro e ricchezza, di proposta di interventi utili anche al Paese.
Se l’Italia è cresciuta, generando benessere diffuso, raggiungendo posizioni importanti nel panorama internazionale, rimuovendo fenomeni sociali gravi, come l’analfabetismo e la povertà, lo si deve all’impegno di tutti, anche delle Associazioni di Categoria che hanno accompagnato le Imprese nei loro percorsi di crescita, offrendo assistenza e servizi, stimolando innovazione e investimenti, promuovendo cultura imprenditoriale, richiedendo rispetto e diligenza nell’osservanza delle Leggi.
Abbiamo alle spalle un glorioso passato e ci attende un futuro incerto, visto il dibattito sul ruolo dei Corpi Intermedi, giudicati da qualcuno ostacolo alla modernizzazione del Paese, nonostante le garanzie costituzionali sulle quali si fonda l’Associazionismo italiano, considerato strumento di crescita sociale.
L’occasione del 70° compleanno, però, non deve essere sprecata con inutili rivendicazioni o con la pretesa di un ruolo, che potrà essere mantenuto solo garantendo autorevolezza, competenza e vera rappresentanza.
Gli anniversari si onorano anche dando merito a quanti, prima di noi, hanno permesso la loro celebrazione e, cioè, ai tanti imprenditori del settore dei Pubblici Esercizi che si sono messi generosamente a disposizione della categoria, sacrificando spesso interessi ed affetti personali, portando conoscenze, esperienze, competenze e bisogni all’attenzione della Federazione, affinché si sviluppasse un qualificato presidio politico-sindacale nell’interesse delle Imprese rappresentate.
L’impegno associativo è quasi sempre svolto in forma di “volontariato”, aspetto che ne accresce il valore, a volte anche non correttamente interpretato, svolto spesso anche per dovere, rispondendo alle responsabilità ed al senso di solidarietà che lo alimenta.
Alle tante persone che, negli anni, hanno ricoperto incarichi associativi, a livello nazionale e/o territoriale, va la riconoscenza e la gratitudine della Federazione, con un ricordo particolare ai dirigenti scomparsi.
Grazie alla qualità del loro impegno, fondato sui valori dell’appartenenza e della sussidiarietà, è cresciuto e si è consolidato il marchio “Fipe” come riferimento del “fuoricasa” italiano.
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La peculiarità di questa Assemblea sta anche nel clima di rinnovata fiducia nella capacità del Paese di ripartire, lasciandosi alle spalle una fase particolarmente negativa per l’economia, le Imprese e le famiglie.
Gli ultimi dati sono confortanti: il Prodotto Interno Lordo è atteso in crescita di sette, forse otto decimi di punto, chiudendo così la fase recessiva dell’ultimo triennio.
Un risultato dovuto principalmente alle componenti interne della domanda, in particolare a quella riferita alla spesa delle famiglie, un dato che conforta.
Tutte le misure che spingono in questa direzione, a partire dalla riduzione della pressione fiscale ed al ripristino di accettabili condizioni di uso del contante, hanno la nostra totale approvazione.
La particolarità della odierna Assemblea sta anche nel luogo dove abbiamo voluto organizzarla, e cioè in Expo, manifestazione che ai tanti meriti che ha lodevolmente acquisito, aggiunge quello di aver saputo declinare il tema – “Nutrire il Pianeta, Energia della Vita” – dal punto di vista etico, culturale, storico e scientifico.
Temi complessi, sui quali ha chiamato a ragionare e riflettere le migliori intelligenze del mondo.
Come italiano sono orgoglioso che il Paese sia riuscito ad organizzare al meglio una manifestazione che ha messo l’Italia al centro del mondo per un intero semestre, nonostante le preoccupazioni, le incertezze, i ritardi e (purtroppo) anche gli scandali che ne avevano caratterizzato il percorso di avvicinamento, centrando pienamente gli obiettivi prefissati, anche in termini di partecipazione e di interesse della gente.
La “Carta di Milano”, consegnata al Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon, costituisce la vera eredità di Expo, perché contiene principi che devono orientare le politiche economiche mondiali sulla sostenibilità delle produzioni per la rimozione del paradosso dell’abbondanza a cui ci richiama costantemente Papa Francesco.
Abbiamo l’obiettivo epocale di contrastare la fame, la malnutrizione e la sete che interessano ancora troppi abitanti di questo pianeta e per farlo occorre ripensare le anomalie di un modello di sviluppo che genera, a volte, esclusione facendo prevalere la componente economica rispetto a quella dei valori.
Non si tratta di guarire solo le malattie di natura alimentare (obesità, intolleranze, alcolismo, etc.), ma anche quelle ambientali, come il degrado dei territori o l’inquinamento.
Expo ha rafforzato l’immagine, la credibilità ed il ruolo del nostro Paese, avendo catalizzato l’attenzione del mondo su temi, valori e principi mai così scientificamente e diffusamente sviluppati.
I complimenti ed i ringraziamenti sono d’obbligo e sinceri, nonostante gli effetti di cannibalismo che la manifestazione ha prodotto, in particolare sulle attività di Pubblico Esercizio di Milano e provincia.
Expo non finisce, però, con il prossimo 31 ottobre, ma i benefici che lascia all’immagine turistica di Milano e dell’Italia, le numerose migliorie alle infrastrutture, gli investimenti per l’abbellimento della città o le donazioni museali della illuminata imprenditoria, lo sviluppo di relazioni internazionali attivate in campo culturale, scientifico, economico e politico, le ricadute economiche degli investimenti, le nuove competenze che ha stimolato, diventeranno un “Patrimonio” che genererà benessere anche per il futuro.
Expo ha messo in vetrina anche la Ristorazione, capace non solo di generare business ma di sviluppare ragionamenti ed iniziative sulla responsabilità sociale, sul tema degli sprechi e della sostenibilità della filiera agro-alimentare, sul valore del cibo come fonte di benessere e salute che influisce sulla qualità della vita, oltre a rafforzare il ruolo sociale della Tavola come elemento centrale della convivialità e dello stare insieme.
Expo ha valorizzato il “Food in Italy”, chiamando i nostri grandi cuochi ad assumere il ruolo di “testimonials” delle numerose eccellenze del nostro Paese, ma anche a dare buoni esempi sulle responsabilità sociali che ci competono.
Ne sono testimonianza la generosità con la quale Massimo Bottura e molti altri bravi colleghi hanno collaborato con la Caritas Ambrosiana per la realizzazione del “Refettorio” per i poveri, alimentato dagli avanzi di Expo, o dalla nostra generosa partecipazione al progetto “Cena Sospesa”, sempre promosso dalla Caritas Ambrosiana e patrocinato dal Comune di Milano, con testimonial Carlo Cracco, che si prefigge di raccogliere donazioni tra la nostra clientela da trasformare in “Buoni Pasto Solidali” per i tanti bisognosi che i 171 Centri di Ascolto della Diocesi di Milano ogni giorno assistono.
Siamo consapevoli che queste iniziative non risolvano i problemi delle persone in difficoltà, ma riteniamo siano un segno tangibile di solidarietà verso chi sta peggio, raccogliendo il richiamo etico di Expo.
Siamo ovviamente contenti per i nostri straordinari campioni, a cui finalmente viene riconosciuto un ruolo primario nella Società.
Il Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, delegato del Governo su Expo, ha promosso il “Food Act”, un patto tra Governo e Ristorazione per migliorare e rafforzare il settore, riconoscendone l’importanza ed impegnandosi ad avviare iniziative tese a favorire l’accesso al credito, a semplificare la burocrazia, per esempio sugli stages in azienda, a contrastare le contraffazioni e le frodi alimentari, a valorizzare la funzione turistica del comparto investendo cioè sulla Cucina Italiana come fattore di attrazione e di sviluppo economico del Paese.
Progetto ambizioso e lodevole, ovviamente da sostenere, che impone, però, la rivisitazione di norme che oggi penalizzano il settore e su cui la Federazione offre il suo expertise unico.
A cominciare dalle riflessioni che intendiamo sviluppare nella tavola rotonda di oggi “Ristorazione Italiana, Eccellenza Mondiale” con la quale sottolineare il nostro ruolo, come parte integrante della filiera agro-alimentare italiana e punto di forza dell’offerta turistica nazionale.
La cucina italiana è la più apprezzata, la più copiata ma anche la più contraffatta nel mondo. E’ un altro segno tangibile del valore del made in Italy, che va salvaguardato al pari delle nostre produzioni.
La valenza turistica della Ristorazione è ampiamente riconosciuta dal mercato, in particolare dai turisti stranieri che quest’anno spenderanno 8,4 miliardi di euro nelle nostre attività.
Eppure non sempre riusciamo a trasformare tutto ciò in azioni di promozione, comunicazione e valorizzazione adeguate alle potenzialità che il settore esprime.
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La Ristorazione italiana, però, non è solo quella rappresentata dalle “grandi firme” che godono di meritati “avviamenti” costruiti sulla passione, sulle capacità e sulla notorietà, ma è anche quella, ancora più importante nei numeri, fatta dalla rete di Pubblici Esercizi che ha costruito e diffuso il mito della Cucina Italiana nel mondo e che oggi è in grande difficoltà per motivazioni variegate, anche per scelte del Legislatore, che hanno favorito il proliferare di forme di concorrenza sleale che stanno dequalificando il settore, che aggravano fenomeni sociali veri, come l’alcolismo o la mala-movida nelle città, che confondono e disorientano il consumatore, abbassandone la percezione qualitativa dei prodotti, che snaturano mestieri.
Infatti, alla rete di Pubblici Esercizi si stanno affiancando sempre più numerosi gruppi di operatori che svolgono la stessa attività con regole diverse o, addirittura, senza regole.
L’ultimo esempio è dato dagli Home Restaurants e dalle nuove forme della sharing economy, con attività cioè che non osservando norme stringenti ed onerose dal punto di vista igienico-sanitario, amministrativo e fiscale, erodono significative quote di mercato che pregiudicano i conti economici di molti Pubblici Esercizi e sottraggono gettito all’Erario.
Questa concorrenza sleale, aggiunta agli effetti di una crisi che ha penalizzato anche i consumi fuoricasa, aggrava le difficoltà di un settore che ha visto nel corso di questi primi nove mesi del 2015 la chiusura di 20mila attività e che si trova nella difficoltà di rinnovare il CCNL di categoria, scaduto nell’aprile 2013, per la persistente perdita di marginalità registrata dalle imprese del settore, tutte!
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Il Contratto di Lavoro è, da una parte, elemento essenziale di gestione, necessario non solo per dare certezze e convenienze alle Parti, ma anche per alimentare un clima di collaborazione all’interno delle aziende, indispensabile per fare bene.
Il tema del Contratto di Lavoro è di grande attualità, anche per la discussione in corso sul futuro dei Contratti Collettivi Nazionali, con il Governo pronto ad intervenire.
Il dibattito è tra chi ne difende la validità e l’importanza e chi, invece, li ritiene superati, proponendo il Contratto Unico a livello nazionale, che determini il salario minimo e poche altre cose, tra le quali i nuovi meccanismi di concertazione tra le Parti Sociali.
Entrambi gli orientamenti presentano torti e ragioni, che la discussione in corso ha già ben delineato, ma l’innesco all’approfondimento sul futuro dei Contratti ha origine nelle difficoltà di decine di categorie a rinnovare i contratti scaduti o in scadenza, tra cui quello dei Pubblici Esercizi.
La lunga crisi ha messo in difficoltà molte imprese e la gravità dei danni è cosa nota: crollo dei consumi, contrazione della produttività, investimenti impossibili per mancanza di risorse, crescente mortalità delle aziende, tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, da record!
La situazione ha imposto alle imprese profondi sacrifici, economici ed organizzativi, che non possono non riguardare anche i Lavoratori, non solo per la forte incidenza che il costo del lavoro ha nella struttura dei costi di imprese come le nostre, dove il servizio è componente essenziale, ma anche perché il recupero di efficienza delle gestioni passa anche dalla revisione di alcuni istituti contrattuali di natura normativa che le Controparti Sindacali considerano “diritti acquisiti”, intoccabili a prescindere dai mutamenti del mercato, dalla diminuzione delle risorse esistenti, dalle condizioni di difficoltà in cui le singole Imprese o interi comparti possono trovarsi, dalla variazione dei sistemi produttivi.
Questo impone di affrontare seriamente il tema della produttività perché senza risorse non solo non si remunera il capitale investito, ma non si investe nel miglioramento delle aziende, destinandole ad un declino che spesso può presentare dolorose cadute occupazionali e non si reperiscono i mezzi per soddisfare le pur legittime aspirazioni dei Lavoratori in tema di salario.
Se molti CCNL sono bloccati c’è una ragione di fondo generale che non sta nel fastidioso tatticismo per forzare le trattative o indebolire le controparti; è la gravità del momento, da affrontare con scelte coraggiose ed innovative che ridiano fiato alle imprese, che rendano efficiente l’organizzazione del lavoro, sappiano premiare i giusti meriti del lavoro dipendente.
C’è in gioco il futuro di aziende e famiglie, ma anche la credibilità di Parti Sociali che devono saper contrastare i rischi di una contrattualizzazione imposta dall’alto e per Legge, ricercando contratti adeguati ai tempi e ai bisogni delle Imprese e dei loro Dipendenti.
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Se il settore deve continuare ad essere fattore attrattivo per il Turismo italiano e continuare a svolgere l’importante ruolo sociale sui territori ha bisogno di qualche attenzione in più, che non significa la richiesta di interventi speciali o il mantenimento di inesistenti rendite di posizione, ma il ripristino del principio “stesso mercato, stesse regole” che è alla base della buona concorrenza.
La rimozione delle regole di accesso al settore, compresa l’attenuazione dei requisiti professionali e morali per l’esercizio delle attività, che aveva l’obiettivo di promuovere competitività nel settore, a beneficio dei consumatori e del mercato, sta producendo effetti collaterali peggiori rispetto ai vantaggi attesi.
Con 4,3 Pubblici Esercizi ogni 1.000 abitanti, l’Italia ha una densità imprenditoriale del settore tra le più alte d’Europa.
La crescente dequalificazione nel settore, con sempre maggiore distrazione sui concetti di qualità del prodotto e del servizio, favorita dalla improvvisazione di molti nuovi imprenditori, che a sua volta sta generando indici di turn-over e/o di fallimenti preoccupanti, le crescenti infiltrazioni della malavita organizzata nel settore, non sempre prontamente intercettata dalla encomiabile attività della Magistratura e delle Forze dell’Ordine, il diffondersi di fenomeni sociali gravi, come l’alcolismo, soprattutto nell’età adolescenziale, causata dalle crescenti occasioni di consumo di alcool oggi disponibili, le tensioni tra Esercenti e Residenti per gli eccessi sul tema della Movida, la diffusione di malattie alimentari (intolleranze, allergie, obesità, etc.), dimostrano che le regole del Mercato non sempre funzionano bene.
Un sistema di Pubblici Esercizi forte e sano è anche un valore per il Paese, per la sua forte capacità attrattiva verso il Turismo internazionale, per l’insostituibile ruolo sociale che svolge, tanto più grande ed importante quanto più piccolo e periferico è il luogo nel quale viene svolto, per la capacità di determinare, consolidare o cambiare modelli e stili alimentari, condizionando ed imponendo consumi, per la potenzialità nel valorizzare le specificità, le tipicità e le produzioni dei territori, spesso escluse o penalizzate dal circuito dei grandi gruppi di acquisto della Distribuzione Moderna che hanno forza contrattuale per imporre prezzi, regole e organizzazione, spesso inadatte per la struttura delle imprese agricole.
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L’Italia ha un modello di Pubblico Esercizio unico al mondo per la sua eterogeneità, per la sua qualità, per la sua diffusione, per i numeri che esprime, che deve continuare a rappresentare un’eccellenza per il Paese e di cui la Ristorazione tradizionale è certamente una componente essenziale, seppure non esclusiva.
C’è anche la rete dei Bar che popolano e servono le nostre comunità, luoghi di ascolto e di integrazione sociale che negli anni hanno adattato la loro offerta alle esigenze di un consumatore che ha cambiato tempi e abitudini di vita, obbligandoli a convivere spesso anche con le patologie di una Società malata, come il fenomeno delle Ludopatie.
Il settore è costituito anche dalla rete della Ristorazione Organizzata, con i grandi gruppi che hanno integrato l’offerta tradizionale, insediati soprattutto in zone urbane di grande passaggio o su aree in concessione negli aeroporti e sulla rete autostradale.
Per queste ultime attività esistono grandi criticità, affrontate da un recentissimo Decreto Interministeriale che però non risolve compiutamente né il problema del ridimensionamento delle aree, né soprattutto quello della difficilissima situazione delle gestioni del ristoro, penalizzate da condizioni contrattuali insostenibili e dalla possibilità concessa ai gestori della distribuzione di carburanti di fare concorrenza ai gestori tradizionali a condizioni di maggior favore.
Ci sono poi le Discoteche, parte integrante di una offerta turistica che ha bisogno di locali di intrattenimento serali e notturni, che vedono vanificato il loro responsabile sforzo di alzare il livello di sicurezza, di responsabilità e di etica nelle loro attività, da episodi gravi anche di morte, di cui la cronaca estiva ci ha dolorosamente informato, che devono non solo far riflettere, ma anche determinare una accelerazione nei percorsi di prevenzione, di contrasto e di educazione sul grave fenomeno delle droghe e dell’abuso di alcool.
Su questi temi non ci si può limitare a trasferire colpe e responsabilità, ma occorre trovare giuste soluzioni, incominciando da una ancora più stretta collaborazione con le Forze dell’Ordine.
E’ un tema delicato e complesso che tocca tutta la Società, in primis le famiglie e la scuola, ma una Associazione di categoria deve anche saper trasferire agli imprenditori del settore le responsabilità che competono loro, contrastando ogni tipo di connivenza, allontanando il malaffare che spesso li frequenta, favorendo il sano divertimento, lo sviluppo della cultura della responsabilità sociale tra gli operatori, nel loro stesso interesse.
Non è solo un problema d’immagine della categoria ma un problema sociale grave e vero, sul quale è richiesto uno sforzo ulteriore anche al settore.
Questa Federazione non si può sottrarre ad un richiamo alla responsabilità, consapevole tuttavia dell’impegno finora profuso dai nostri imprenditori, al riguardo sempre sollecitati e sensibilizzati dal SILB, e dalla difficoltà che incontrano ad operare in determinati contesti.
Infine, un passaggio sugli stabilimenti balneari, componente essenziale del turismo, capace di combinare al meglio accoglienza, salute, ambiente e convivialità.
Sul settore da tempo incombono i rischi collegati al processo di recepimento della Direttiva Servizi che impone la revisione delle concessioni demaniali ed i relativi canoni, con l’assegnazione delle concessioni esclusivamente sulla base di gare ad evidenza pubblica, con procedure, costi e tempi non facili da trasferire al modello di stabilimento balneare italiano, unico in Europa anche per la particolare conformazione delle nostre coste e fondato sulla piccola impresa familiare, dove l’attività rappresenta anche il progetto di una vita.
Gli operatori aspettano, con comprensibile ansia e preoccupazione, il prossimo pronunciamento della Corte Europea sulla legittimità della proroga delle concessioni balneari italiane, rispetto al quale dobbiamo registrare il preoccupante silenzio dei nostri rappresentanti politici.
Il malaugurato rigetto del provvedimento condurrebbe l’intero settore balneare nel caos ed i 30.000 concessionari verrebbero privati del loro lavoro.
Permane la speranza che esista un disegno politico che consenta di evitare nuova emergenza e ci auguriamo che i nostri rappresentanti europei agiscano per consentire un futuro certo, legittimo e regolamentato a chi ha operato per far crescere il turismo in Italia.
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Tra poco inizierà una tavola rotonda titolata “Ristorazione Italiana, Eccellenza Mondiale”, nella quale abbiamo chiamato a discutere persone che sul tema hanno titolo, competenze ed esperienze.
Eccellenza non è un aggettivo improprio, anche se l’offerta non sempre è allineata alla qualità ed alla tradizione.
Sicuramente eccellente è la qualità delle materie prime offerte dalle produzioni agricole nazionali, la loro varietà e l’importanza di un ricettario consolidato e perfezionato dai grandi attori che, nel tempo, hanno elaborato la storia della cucina italiana.
Il rilancio della ristorazione non può prescindere da migliori rapporti di filiera, nei quali ogni componente deve relazionarsi ed integrarsi con maggiore efficacia.
Il nostro è un settore variegato e complesso: dalla tipologia di attività svolta – dal ristorante stellato, alla mensa aziendale, ai buoni pasto (e problemi sottostanti) compresi -, al modello organizzativo – dall’impresa familiare ai gruppi industriali -, dalla ubicazione – praticamente ovunque -, ai soggetti che Vi lavorano, con una forte presenza straniera, tra imprenditori e addetti, che ne valorizza anche la sottovalutata funzione di integrazione sociale.
Ha una capacità di adattamento, o meglio di prevenire o influenzare tendenze e stili di vita, che lo rendono unico anche per il ruolo sociale di aggregazione, ascolto, sicurezza, presidio e decoro nei nostri centri urbani, di difesa e valorizzazione di prodotti e valori, anche storico-culturali, dei nostri Territori.
L’impegno della Federazione in questi 70 anni di attività è stato quello di difenderne il ruolo, di farlo crescere e di qualificare sempre di più gli operatori, di correggerne anche gli errori e le negligenze, offrendo il serio e costruttivo contributo in tutte le dinamiche che lo riguardavano.
Con questo spirito celebriamo un anniversario importante, certi che se il settore riuscirà a mantenere le sue storiche migliori prerogative anche l’Italia continuerà ad avere sicurezze e certezze, non solo di natura economica e di immagine, ma anche di tenuta del proprio tessuto sociale.
Grazie.

Milano, 27 ottobre 2015

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