Milano, 19 ottobre 2025 – Secondo il Rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher International, nel 2025 lo spreco alimentare in Italia si attesta a 555,8 grammi settimanali pro capite, registrando un calo di 95 grammi rispetto al 2024. Un progresso incoraggiante, che tuttavia non basta: il nostro Paese rimane sopra la media europea, ancora distante dal traguardo fissato per il 2030, che prevede di scendere sotto i 369,7 grammi settimanali.
Sebbene tra i cittadini sia cresciuta, parallelamente alla sensibilità ambientale, l’attenzione verso una gestione più responsabile del cibo in ambito domestico, la strada verso una piena consapevolezza dell’impatto delle proprie abitudini di vita – dentro e fuori casa – è ancora lunga. Scelte quotidiane legate all’acquisto, alla conservazione e al consumo continuano ad avere un peso rilevante sul fenomeno dello spreco.
Un impegno condiviso è dunque essenziale, coinvolgendo tutti gli attori della filiera alimentare, a cominciare dalla ristorazione. Un settore strategico, spesso colpito da una percezione distorta: secondo il rapporto, infatti, il 77% dei consumatori ritiene urgente o importante affrontare il problema dello spreco nei ristoranti e nelle pizzerie, e quasi il 90% nel canale bar. Tuttavia, i dati ufficiali disegnano un altro scenario: su 1,05 miliardi di tonnellate di cibo sprecate a livello globale, 630 milioni di tonnellate (il 60%) provengono dagli ambienti domestici, mentre la ristorazione è responsabile di 294 milioni di tonnellate, pari al 28% del totale.
Numeri che invitano non solo a riflettere, ma anche a valorizzare il ruolo positivo che la ristorazione può svolgere nel contrasto allo spreco. È stato proprio questo il tema al centro del talk “Spreco alimentare: ricerca, impresa, terzo settore a confronto”, promosso da FIPE-Confcommercio oggi a Host 2025. Un’occasione di confronto tra mondi diversi – accademia, impresa, distribuzione e terzo settore – che ha visto la partecipazione di Luca Falasconi (Università di Bologna), Cesare Battisti (Ratanà), Marco Lucchini (Banco Alimentare), Paolo Capurro (Capurro Ricevimenti e ANBC-FIPE) e Claudio Truzzi (Metro Italia).
Al centro del dibattito, la convinzione condivisa che la ristorazione possa e debba essere parte attiva della soluzione, grazie alla sua capacità di creare modelli e tendenze, influenzando i consumatori verso comportamenti più sostenibili. Un esempio concreto è rappresentato dal rimpiattino, pratica ormai ampiamente diffusa nei pubblici esercizi: come evidenzia l’ultimo rapporto Waste Watcher, il 97% dei clienti dichiara che il personale fornisce contenitori adeguati per portare a casa il cibo avanzato. Eppure, permane un 19% di consumatori che ammette di lasciare gli avanzi al ristorante, per disinteresse o per imbarazzo.
Anche sul fronte delle imprese emergono segnali incoraggianti. Secondo una recente indagine FIPE, il 90% degli imprenditori della ristorazione presta attenzione al tema dello spreco alimentare e oltre il 40% di bar e ristoranti ha adottato almeno un’azione concreta di contrasto: dalla razionalizzazione degli approvvigionamenti, alla valorizzazione degli scarti in cucina, fino all’incentivo attivo alla pratica del rimpiattino.
