Il Cavaliere del Lavoro Stefano Domenicali, l’uomo della Formula 1 con trascorsi in Ferrari e Ducati, solo per citare un paio di vette di un curriculum altissimo, in una intervista rilasciata a Davide Rampello per il suo “Design della cura”, raccontando la sua storia professionale afferma: “io sento la responsabilità di essere fortunato”.

Questo sentimento, pieno di consapevolezza e umiltà, non è da intendersi come un senso di colpa rispetto al successo, ma esprime, con l’orgogliosa autostima, anche il dovere di non sprecare la fortuna, che si realizza quando l’occasione incontra il talento, fruttificando il combinato di “dotazione” della Provvidenza e l’impegno e i sacrifici investiti nel coltivarlo.

Sentirsi responsabili del proprio successo non significa, quindi, bearsene o peggio vantarsene, ma interpretarlo come una responsabilità: una responsabilità che nasce dalla consapevolezza di poter fare la differenza attraverso il proprio impegno, ma dal momento che non tutto dipende da noi, anche una “responsabilità alla riconoscenza” che spesso induce a creare occasioni per gli altri.

E infatti nella citata intervista Domenicali non mancava di sottolineare l’impatto sul suo successo dovuto alla fortuna di essere cresciuto in una famiglia che gli ha saputo trasmettere grandi valori ed esempi, apprezzando quello che si ottiene e preferibilmente condividerlo con quanti vivono vicino queste esperienze, creando ambienti di lavoro non solo più produttivi e inclusivi, ma anche pieni di affetto e rispetto verso i collaboratori.

Sarebbero storie da raccontare ai nostri ragazzi che si accingono ad iniziare un nuovo anno scolastico, per spronarli a far bene e insegnare anche a loro, come certamente è successo a Domenicali, che prima o dopo si troveranno nella loro vita davanti ad un bivio: da una parte una strada faticosa e in salita, dall’altra una più facile ed in discesa.

Senza essere tutti eroi per forza e consapevoli che nella vita ci deve essere spazio anche al piacere, indichiamo ai ragazzi di percorrere la strada della soddisfazione personale, che si conquista anche con il faticoso studio, che rafforza conoscenze, fiducia in sé stessi e capacità di critica, coltivando in questo modo il proprio talento.

Al riguardo, viene naturale pensare ad Einstein che diceva: “Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, passerà tutta la sua vita a credersi stupido”.

Nell’era della superiorità (persino intellettuale) delle macchine, bisogna insegnare ai ragazzi a scoprire, riconoscere e valorizzare la propria umanità, il proprio peculiare talento, quello che si muove dentro, aiutandoli a non sbagliare strada, perché la vera risorsa scarsa sono le persone consapevoli, non le terre rare.

Bisogna cioè aiutarli e formarli con un “ingaggio cognitivoche include l’insegnare loro a fare, ma soprattutto a credere in quello che fanno, migliorandosi di continuo, allenando anche la pazienza, come Stefano Domenicali ha saputo testimoniare ed insegnare, ponendosi anche come persona profondamente buona.

Spesso la bontà fa rima con ingenuità, vista come una variante della debolezza umana, considerata imperdonabile soprattutto per chi fa impresa, ma gli imprenditori di valore non pensano mai che la loro fortuna non sia dovuta anche e soprattutto al lavoro dei loro collaboratori, sapendo benissimo che i pesci vivono in acqua e non sugli alberi.