Gli oli e i grassi esausti di origine alimentare rappresentano una delle tipologie di rifiuto più insidiose per l’ambiente se non correttamente gestiti. In Italia, la produzione nazionale complessiva è stimata intorno alle 300.000 tonnellate l’anno. Di queste, il 62% proviene dalle attività domestiche, mentre il restante 38% – circa 114.000 tonnellate – è prodotto dal settore professionale (industria, ristorazione e artigianato).
Classificati come rifiuti urbani con codice EER 20.01.25, essi includono oli vegetali (oliva, semi, ecc.) e grassi animali o vegetali (burro, strutto, ecc.) non più idonei al consumo umano. Quando generati nell’ambito di un’attività economica, questi scarti assumono la natura di rifiuti speciali e diventano soggetti a una disciplina specifica delineata dal D.Lgs. 152/2006, noto come “Codice dell’ambiente”.
L’articolo 233 del suindicato Codice prevede un preciso obbligo per tutti gli operatori della filiera alimentare, incluso il settore della ristorazione e della somministrazione (ristoranti, bar, mense, pasticcerie, ecc.): gli oli esausti devono essere stoccati in appositi contenitori conformi alle norme vigenti e successivamente conferiti ai consorzi autorizzati al recupero e smaltimento, direttamente o tramite soggetti da questi incaricati. La violazione comporta conseguenze rilevanti: l’art. 256, comma 7 del medesimo Codice, punisce con una sanzione amministrativa da 260 a 1.550 euro la mancata corretta gestione degli oli esausti.
Sussiste dunque l’obbligo, per tutte le imprese che producano, importino o detengano oli e grassi vegetali e animali esausti, di aderire a un Consorzio che si occupi, tra l’altro, della raccolta di tali rifiuti. Anche in questo caso, è prevista una sanzione amministrativa da 8.000 a 45.000 euro per chi non ottemperi a tale prescrizione.
In questo quadro, un ruolo centrale è svolto dal CONOE (Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti), soggetto deputato alla raccolta e al recupero di questa particolare tipologia di rifiuto. Il Consorzio coordina le attività di recupero e garantisce che tali materiali vengano destinati a nuovi impieghi, riducendo l’impatto ambientale e promuovendo un modello virtuoso di economia circolare.
Le imprese associate a FIPE – Confcommercio godono di un importante vantaggio: l’adesione al CONOE è automatica. Infatti, lo statuto del Consorzio prevede che le imprese possano assolvere all’obbligo di iscrizione attraverso la propria Associazione di categoria maggiormente rappresentativa a livello nazionale, compilando il relativo modulo di adesione.
Oltre a garantire il rispetto della normativa, la corretta gestione degli oli esausti produce significativi benefici per l’ambiente. Secondo stime del CONOE, 10 litri di olio esausto possono inquinare una superficie acquatica pari a un campo da calcio se dispersi in modo improprio, con danni ingenti alle reti fognarie, alle falde acquifere e agli ecosistemi marini. Al contrario, se raccolto e trattato correttamente, l’olio esausto può diventare una risorsa preziosa: può essere destinato a impianti di cogenerazione, trasformato in biolubrificanti per l’agricoltura e la nautica, o impiegato nella produzione di cosmetici, saponi, inchiostri e cere.
Il principale riutilizzo resta tuttavia la produzione di biodiesel, un combustibile vegetale non tossico e biodegradabile che riduce le emissioni di CO2 nei trasporti: oggi circa il 90% degli oli raccolti dal CONOE è avviato a questo impiego. Se tutti gli oli esausti prodotti in Italia venissero recuperati, si potrebbero risparmiare fino a 790 mila tonnellate di CO2eq e 282 mila metri cubi d’acqua all’anno, con un beneficio economico stimato in circa 75 milioni di euro di risparmio sulle importazioni di petrolio.
Si tratta dunque di un adempimento che unisce responsabilità normativa e opportunità ambientale: la gestione virtuosa di questo rifiuto contribuisce concretamente alla tutela del territorio, alla riduzione delle emissioni e alla promozione di modelli produttivi sostenibili.
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