I RAPPORTI DI FILIERA: A TUTTOFOOD LA RICERCA FIPE

4 Maggio 2015

Il prezzo medio del caffè a 94 centesimi, il cappuccino a 1,27 euro
Il bancone del bar ha in media 10 anni, Fipe chiede una “Sabatini” per il rinnovo del parco macchine.
Il 40% dei bar acquisterà nuovi macchinari nei prossimi 5 anni

Un settore che genera consumi per 18 miliardi di euro, che impiega oltre 360.000 addetti, di cui il 60% donne, con una situazione occupazionale improntata ad una sostanziale stabilità, come testimoniano i 154.205 contratti a tempo indeterminato (il 72% dei rapporti di lavoro stipulati in questo mercato).
In occasione di Tuttofood Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi ha presentato un excursus completo sulla storia di uno dei locali più amati e frequentati, nel corso del convegno “La filiera del fuoricasa: qualità, efficienza, valore”. Un appuntamento che racconta il bar, un classico del fuoricasa tricolore che negli ultimi trent’anni è cambiato profondamente, seguendo i nuovi stili di vita degli italiani: non più solo luogo dove sorseggiare una tazzina di caffè ma dove pranzare e trascorrere l’ora dell’aperitivo e del dopocena con un panel di proposte sempre più variegato.
Ad oggi in Italia sono attivi 149.085 bar, a fronte di un contesto imprenditoriale particolarmente dinamico che da sempre contraddistingue questo settore. Guardando ai consumi alimentari, la spesa delle famiglie per il fuori casa è stata nel 2014 di 73 miliardi di euro, di cui indicativamente 16 miliardi di euro hanno riguardato i bar nelle loro diverse tipologie. Considerando anche la domanda generata da enti e imprese (i cosiddetti consumi intermedi) si arriva a 17/18 miliardi di euro. Lo scontrino medio è di 3,50 euro, per un totale di oltre 5 miliardi di transazioni commerciali effettuate nei bar: in particolare la colazione vale 2,20 euro e il pranzo 6,40 euro. Analizzando invece gli acquisti per occasione di consumo si evidenzia che il 58% della spesa effettuata a colazione riguarda caffetteria e prodotti da forno, mentre nel dopocena oltre un acquisto su due è relativo alle bevande, sia alcoliche che analcoliche.
Una filiera “analogica” e bisognosa di rinnovamento. A partire dai banconi del bar, in molti casi vecchi di dieci anni e non sostituiti, per i quali Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi propone un provvedimento sulla falsariga della legge Sabatini per incentivare il rinnovamento.
Il bar svolge un ruolo fondamentale nella filiera agroalimentare, con ben 5 miliardi di euro di transazioni e 6 miliardi di acquisti di materie prime. Acquisti che avvengono nell’ambito di rapporti perlopiù consolidati, con un elevato tasso di fidelizzazione. Nell’80% dei casi i fornitori sono gli stessi da oltre 6 anni e nel 60% dei casi da oltre 10 anni. I rapporti tra gli attori della filiera si basano perlopiù sulla fiducia e sul passaparola, mentre solo nel 16% dei casi si fa riferimento al prezzo che il fornitore pratica.
PREZZI E CONSUMI
Passando in analisi la questione prezzi e consumi, ad oggi in media un espresso consumato al bar costa 0,94 euro, un cappuccino 1,27 euro e un panino 3 euro. Negli ultimi anni il processo di rallentamento della dinamica dei prezzi è stato robusto e progressivo, mentre il tasso di inflazione del canale si è dimezzato.
Capitolo lavoro e occupazione: nel mondo del bar sono occupate in totale oltre 360 mila addetti: in particolare, secondo i dati provenienti dagli archivi dell’Inps, si evidenzia che i bar nel 2013 hanno impiegato in media 213.886 persone, l’85% dei quali con mansioni operative. Significativo il numero degli apprendisti pari a circa 24mila unità. Il 72% dei dipendenti (154.205 unità) risulta assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, mentre in termini di orario di lavoro prevalgono i part time con una percentuale del 56,5%; 11.810 i lavoratori stagionali. Nel corso degli anni la presenza degli stranieri è cresciuta significativamente, sia tra gli imprenditori che tra i lavoratori dipendenti, con 45.950 addetti di nazionalità straniera e una percentuale sul totale del 21,5%.
La ricerca della Fipe mette in evidenza ancora una volta quanto questo mercato sia dinamico e soggetto a mutamenti, quest’anno purtroppo con il segno meno. Nel solo 2014 sono stati aperti 8.236 esercizi e 13.256 ne sono stati chiusi, con un saldo negativo di 5.020 imprese. Lo scenario risulta sempre variabile, con un tasso di sopravvivenza degli esercizi a cinque anni che si aggira intorno al 50%: questo significa che delle 8.000 imprese avviate nel corso del 2015 solo 4.000 saranno ancora in attività nel 2018.
Parlando della ripartizione territoriale lungo lo Stivale, ben il 17,1% del totale dei bar si concentra in Lombardia con oltre 25.000 esercizi; si segnalano inoltre i 15.187 bar del Lazio (10,2% del totale) e i 13.859 della Campania (9,3% del totale). Il primo gradino del podio per concentrazione di bar spetta alla Valle d’Aosta, che risulta l’unica regione con un saldo positivo tra aperture e chiusure (515 bar sul territorio con un indice di densità per mille abitanti del 4%); seguono Sardegna (5.056 esercizi con un indice di densità del 3,1%) e Liguria (5.601 bar con un indice di densità del 3,5%). Fanalino di coda la Sicilia, con 8.153 bar e un indice di densità che si attesta solamente all’1,6.
Considerando il rapporto tra imprese iscritte e imprese cessate, con segno meno per tutte le regioni ad eccezione della Valle d’Aosta, il saldo risulta particolarmente negativo per quanto riguarda Piemonte (625 imprese iscritte e ben 1.189 imprese cessate), Emilia Romagna (697 contro 1.153), Lazio (624 contro 1.031), Veneto (759 contro 1.161).
Parlando infine dell’evoluzione che nel corso degli anni ha contraddistinto la fisionomia del bar, è possibile vedere come l’offerta e la tipologia di locale si sia gradualmente differenziata in molteplici forme. A fronte dei 12 milioni di italiani che per diverse ragioni pranzano fuori casa, nel tempo, oltre alla classica caffetteria, ha preso piede un nuovo format di esercizio chiamato “lunch bar”, che rappresenta un ponte tra la formula bar e quella del ristorante. La crisi dei consumi ha colpito anche il mondo del bar, tuttavia alcuni modelli di business hanno saputo reagire meglio alla contrazione della domanda, in particolare bar pasticceria, bar gelateria, lunch bar con cucina, bar multiproposta e l’evening bar con formule di intrattenimento.
TECNOLOGIA
Fiducia e mancanza di supporti “tecnologici” non significano tuttavia assenza di qualità: la multicanalità e il confronto per individuare la migliore soluzione possibile restano infatti requisiti a cui gli esercenti non rinunciano alla ricerca della migliore soluzione possibile. Il 60% circa effettua infatti controlli tra i vari fornitori prima di acquistare la merce. Non manca tuttavia uno zoccolo duro di esercenti per i quali la ricerca di fornitori alternativi non ha motivo di essere, anzitutto per la piena fiducia che ha nei confronti del fornitore abituale. Sembra quindi che il famigerato articolo 62 non abbia intaccato le relazioni di filiera: per il 90% degli esercenti nulla è cambiato rispetto al passato, e per alcuni la situazione è addirittura migliorata.
Entrando nello specifico degli acquisti effettuati, con particolare riferimento alle attrezzature, i bar tra il 2008 e il 2012 hanno investito complessivamente 3 miliardi di euro (circa 600 milioni di euro all’anno). Un valore che ha risentito pesantemente della congiuntura sfavorevole che ha contraddistinto il periodo. In un contesto economico “normale” la capacità di investimento del settore dovrebbe attestarsi intorno ai 700-800 miliardi di euro.
Parlando sempre di attrezzature, emerge un dato degno di nota: per quanto riguarda il bancone, l’attrezzatura più importante del bar, nel 94% dei casi l’acquisto risale ad oltre 6 anni fa e in otto casi su dieci ad oltre dieci anni. Urge dunque un rinnovamento del parco macchinari per la maggior parte degli esercenti italiani. Tra le altre attrezzature figurano il produttore di ghiaccio, gli armadi frigo, i forni a microonde e la macchina del caffè, quasi sempre presa in comodato d’uso dal torrefattore.
La volontà degli operatori per il futuro è comunque di puntare sull’innovazione e il rinnovamento delle proprie attrezzature: nel biennio 2015-2016 il 14% delle imprese ritiene di dover acquistare nuove attrezzature e nel triennio successivo la percentuale sale al 25%. Nel complesso si conta che il 40% degli intervistati acquisterà nuove attrezzature nell’arco dei prossimi cinque anni.

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